Centro Clinico Specialistico 

Il Libro di Giugno:

Gramellini M., Fai bei sogni, Longanesi, 2012

"Ce n'est rien de mourir. C'est affreux de ne pas vivre"

Victor Hugo

 

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La nostra recensione     

Qualche anno fa, passando davanti a un televisore acceso diretto verso un'altra stanza, invece di passare oltre mi fermai. Era Massimo Gramellini.

La sua voce mi fermo', cambiando i miei programmi del momento.

Immediatamente risalta una caratteristica sua personale: la trasparenza. Rispondeva al suo intervistatore come fosse un amico del cuore, parlando di sé senza vergogna alcuna. Non sapeva, forse, che dall'altra parte delle telecamere c'erano milioni di persone ad ascoltarlo, guardarlo, giudicarlo?

Una sincerità, per un carattere come il mio, stupefacente.

Questa capacità di mettersi a nudo e raccontarsi mi metteva a disagio.

In seguito, ho ascoltato altri suoi interventi, sia radiofonici che televisivi, sempre caratterizzati da questo suo modo di essere: semplice e sincero.

 

Fino a "Fai bei sogni"...

 

Incontro "Fai bei sogni" un'estate, sotto l'ombrellone.

Non ricordo cosa stessi leggendo, ma dal lettino accanto al mio la voce di Claudia...  "dovresti leggerlo, ti farebbe bene!"

Lessi qualche riga, ma la padrona del libro, ansiosa di conoscere il segreto di cui si accenna sin dall'inizio, protesta e ne reclama la restituzione. Mi riprometto di acquistarlo. 

 

Perchè "ti farebbe bene?"

E' un libro autobiografico, narra della perdita della madre avvenuta quando lui era bimbo, mia mamma ancora c'è.... comunque, finita l'estate lo vedo in libreria e lo compro.

 

Leggere Gramellini e sentirlo parlare è la stessa cosa. Autoironico, mai noioso, divertente e commovente nonostante la drammaticità dell'avvenimento in sé. Scrive di abbandono, perdita, dolore e di tutte le sfumature a breve e lungo termine che lo accompagnano. E di come questo dolore abbia fatto nascere in lui un mostro ben deciso a rovinarne l'esistenza, crescendo con lui e manifestandosi  nelle situazioni più disparate. Affibbia anche un nome al mostro: Belfagor. Protagonista di uno sceneggiato degli anni settanta conosciuto dai nostri coetanei, Belfagor era un fantasma che si aggirava all'interno del Louvre. Per  noi che eravamo bimbi in quegli anni era il massimo, anche se ci costringeva poi a dormire con la luce accesa. Comunque leggo, rido, piango e sento in me emozioni, sentimenti, odori che mi accomunano a Gramellini...

 

Avevo perso mia moglie pochi anni prima.

 

La chiusura in me stesso, il dolore , il senso di abbandono, le domande irrisolte che accompagnano i lutti veri, quelli che da un momento all'altro ti cambiano la vita ci accomunano... e scopro un'altra cosa: Belfagor, sia pure in forma diversa, si era fatto una tana pure nella mia mente. E io non me ne ero neppure accorto...

 

"Dovresti leggerlo, ti farà bene"... un modo carino per dirmi che mi serviva un aiuto.

 

"Fai bei sogni" è un buon punto di partenza per muovere i primi passi nella nostra Libroterapia, una lettura fresca per capire come le parole, scritte o udite, possono aiutarci e svegliarci dal sonno profondo in cui a volte ci troviamo, per non vedere, per non sentire, per non soffrire.

 

Per innescare in noi pensieri e azioni che possono sanarci e risvegliarci a nuova vita.

 

Buona lettura,

 

                      Ric

 

Gent.ma Dott.ssa Murrone,

ho visto con piacere la Vostra nuova pagina “Libroterapia” sul sito di Family Time. Avevo letto, non troppo tempo fa, “Fai bei sogni” di Massimo Gramellini e leggere la recensione di Ric, mi ha riportato a quei momenti. Chissà perché non avevo pensato di rileggerlo proprio in questo momento, in cui mio padre sta lottando disperatamente per aggrapparsi alla vita, nonostante la sua malattia stia avendo la meglio.

Il mio dolore è grande, come può sicuramente immaginare, ma ancora più grande è la preoccupazione per l’effetto che la scomparsa di papà avrà su mio figlio, il suo amato nipotino.

Andrea ha solo 5 anni ed è cresciuto con mio padre. L’aggravarsi della sua malattia ha coinciso con il lockdown, per cui è stato abbastanza facile gestire la “non presenza”.

Mi chiedo, tuttavia, se sia giusto spiegargli quello che sta succedendo a suo nonno. La cosa che mi viene spontanea, da mamma iperprotettiva, è quella di proteggerlo, appunto. Dal dolore e dalla sofferenza che la morte del nonno comporterebbe. E allora, approfitto della Vostra gentilezza, professionalità e disponibilità (vi ho già conosciute in passato!), per chiederle… è il caso di cominciare a prepararlo? E quando accadrà, secondo lei è meglio portarlo al funerale eppure evitargli questa ulteriore dimostrazione della morte?

 

La ringrazio davvero tanto per l’attenzione, sperando che possa trovare il tempo per aiutarmi. E ringrazio anche Ric per la commovente recensione che ha aperto tanti interrogativi. E da questa sera, ri-leggerò “Fai bei sogni”, come suggerito da lei!

 

Grazie ancora,

 

F.

 

 

Cara Sig.ra F.,

La ringraziamo, prima di tutto, per averci scritto questa lettera così emozionante e per essersi affidata a noi rispetto ai suoi dubbi. Dubbi che, dobbiamo dire, sono di tanti che, come Lei, negli anni, ci hanno chiesto come e se parlare ai loro bambini della morte di un loro caro.

 

Il tema della morte è un tema che, di per sé, fa molta paura e che spaventa, ancora di più, quando coinvolge da vicino un bambino. Il desiderio di proteggere i bambini fa parte dell’essere genitori e capita molto spesso, così, che ai bambini vengano risparmiate le brutte notizie, come quelle irreversibili legate alla morte, attraverso strategie di evitamento: si raccontano storie di partenze, lunghi viaggi, cambiamenti di lavoro, per spiegare quella che lei ha definito la “non presenza”. Ancor più spesso, anche laddove si spieghi ai bambini la morte di una persona cara, si evita di portarlo alla cerimonia funebre.

 

Nei molti anni in cui abbiamo avuto la fortuna di incontrare e accompagnare persone e bambini che avevano bisogno di aiuto, abbiamo sperimentato che, al contrario, poter parlare di quanto accaduto e poter partecipare all’ultimo saluto di una persona cara, per il bambino è davvero importante!

 

Parlare apertamente e con chiarezza, certamente calibrando le parole all’età del bambino, permette a quel bambino di fare l’esperienza, importantissima, di poter condividere il dolore e di considerarlo come qualcosa di cui si può parlare. Proprio per questo, altrettanto importante è che gli adulti possano anche condividere il proprio dolore per la perdita con il bambino, senza sentirsi in colpa e/o inadeguati. Questo trasmetterà a quel bambino il messaggio che le emozioni, anche quelle più tristi, possono trovare un canale di espressione, di condivisione e, quindi, di contenimento.

 

E per rendere possibile tutto questo, è fondamentale parlare al bambino e spiegargli quanto sta accadendo, potrebbe succedere o è già successo. Ci sembra di poter rassicurare gli adulti circa il fatto che non è evitando di parlarne il modo per proteggere i bambini dalla sofferenza. Tra l’altro, i bambini colgono molto più di quello che noi crediamo dagli sguardi, dal linguaggio non verbale. E molto spesso, in terapia, ci è capitato di assistere a momenti in cui, quando l’adulto è riuscito a parlarne, ha scoperto che, in realtà, il bambino già “sapeva”. Con la differenza importante, tuttavia, che quel sapere ha dovuto costruirselo da solo, senza il sostegno importante di un adulto di riferimento; senza l’esperienza, fondamentale, della condivisione. E creando, in molti casi, risposte molto più complesse di quelle che potrebbe ricevere da un genitore.

 

E quando la morte non è un evento improvviso, come in seguito ad un incidente, è molto importante che il bambino sia accompagnato ad avvicinarsi e prepararsi gradualmente a quella perdita. Certamente, non si è mai veramente pronti a lasciar andare qualcuno che si ama, né da adulti, né da bambini. Ma poter accompagnare la persona che ci sta lasciando è molto diverso e consolatorio, rispetto al non poterci essere. Così come per un adulto, anche per un bambino sapere di essere stato presente in un momento difficile per il nonno, ad esempio, è molto importante, perché consente ai due di salutarsi ed alleviare, così, il possibile senso di colpa.

 

Rispondiamo, infine, alla domanda sulla partecipazione o meno al funerale. Siamo convinte che poterlo fare rappresenti per un bambino un passaggio importante nel processo di elaborazione del lutto.  La presenza e la possibilità di quell’ultimo saluto permette al bambino di essere “soggetto attivo” e di inserire nella sua rappresentazione quel saluto come una azione intrapresa e compiuta, non subìta. Ma è importante che sia il bambino a scegliere se partecipare o meno, lasciandogli sentire che qualsiasi decisione prenda andrà bene. E qualora non se la sentisse, un buon “viatico” potrebbe essere un disegno che poi potrà essere portato in Chiesa da una delle figure di riferimento per il bambino.



Naturalmente non ci si deve aspettare da parte dei bambini una risposta univoca e schematica alla scomparsa di una persona cara, poiché le loro reazioni dipendono dall'interazione di molteplici fattori quali l'età del bambino, la qualità del legame con la persona scomparsa, la possibilità di partecipare alla cura e al saluto della persona malata, la possibilità di esprimere i propri sentimenti.

Siamo, tuttavia, sicure, che accompagnarlo in questo modo renderà il processo di elaborazione meno doloroso e più facilmente gestibile.

 

Per qualsiasi dubbio, scriveteci pure…

 

Dott.ssa Arianna Murrone

Psicologa, Psicoterapeuta, Mediatore Familiare

 

Dott.ssa Stefania Cardellicchio

Psicologa, Psicoterapeuta, Facilitatore Mindfulness

 


Il lutto implica un impegnativo e faticoso lavoro psichico per tutti, ancora di più per i bambini.
Ciò non significa che la morte debba rappresentare necessariamente un evento traumatizzante e devastante. Qualora però vi fossero difficoltà nel portare avanti un percorso di elaborazione del lutto è possibile, anche attraverso un intervento specialistico, accompagnare il bambino, i suoi adulti di riferimento e i suoi famigliari nel fronteggiare questo delicato passaggio di vita
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Per contattarci:

info@associazionefamilytime.it

tel. 328/86.12.503