Non tutto ciò che affrontiamo può essere cambiato, ma niente può cambiare se non lo affrontiamo. (James A. Baldwin)
Mai come in questi giorni, questa frase ha un significato per ognuno di noi. Stiamo vivendo giorni difficili, a tratti surreali, dove stiamo tutti sperimentando la difficoltà di cambiare anche delle piccole abitudini. La difficoltà nel rispettare quella regola, ormai divenuta famosa come #iorestoacasa, ci mette di fronte a quel meccanismo di difesa che è la negazione (il problema non esiste, è tutta un’esagerazione), ma anche alla nostra resistenza al cambiamento.
Nei venti anni di lavoro con le persone, in qualità di Psicologa e Psicoterapeuta, ho incontrato centinaia di persone. Persone diverse, con storie diverse e bisogni diversi. Ma ognuna di loro aveva una cosa in comune con tutte le altre: il cambiamento, la necessità di cambiare per trovare serenità e benessere. Ma, altrettanto comune a tutti, è la paura che il cambiamento comporta…
Oggi, ci troviamo di fronte a molti tipi di cambiamento: non possiamo uscire di casa, dobbiamo continuamente disinfettare parti di noi e dei nostri ambienti, non possiamo incontrare l’altro, toccarlo e trasmettergli il nostro affetto. Non possiamo mandare i nostri figli a scuola o al parco a giocare. Litighiamo ancora di più con i nostri figli adolescenti, perché devono stare a casa.
Eppure, possiamo ancora scegliere. Possiamo scegliere come vivere e come reagire a questa situazione difficilissima, a questi cambiamenti imposti.
A questo proposito, voglio raccontarvi una storia…
“C’era una volta la figlia di un vecchio agricoltore che si lamentava costantemente della sua vita e di quanto fosse difficile andare avanti. Era stanca di lottare e non aveva voglia di fare più nulla; quando risolveva un problema, subito ne compariva un altro e questo la faceva rassegnare e si sentiva sfinita.
L’agricoltore chiese a sua figlia di avvicinarsi alla cucina della capanna e di sedersi. Poi, riempì tre recipienti con dell’acqua e li mise sul fuoco. Quando l’acqua iniziò a bollire, mise in un recipiente una carota, in un altro un uovo e nell’ultimo alcuni chicchi di caffè. Li lasciò bollire senza dire una parola mentre la figlia aspettava impaziente senza capire cosa stesse facendo il padre. Dopo venti minuti, il padre spense il fuoco. Prese la carota e la mise in una tazza. Prese l’uovo e lo mise in un piatto. Infine, versò il caffè.
Guardò la figlia e le disse: “Cosa vedi?”.
“Una carota, un uovo e del caffè”, fu la sua risposta.
La fece avvicinare e le chiese di toccare la carota. Lei lo fece e notò che era morbida. Poi le chiese di prendere l’uovo e di romperlo. Lei tolse il guscio e vide che l’uovo era duro. Poi le chiese di provare con il caffè. Lei sorrise al piacere di sentire il suo dolce aroma.
A quel punto, la figlia chiese: “Cosa vuol dire questo, papà?”
Egli le spiegò che i tre oggetti avevano affrontato la stessa avversità: l’acqua bollente. Tuttavia, avevano reagito ognuno in modo diverso. La carota era forte e dura, ma dopo essere stata nell’acqua bollente, era diventata debole, facile da spezzare. L’uovo era fragile, il suo guscio sottile proteggeva un interno liquido, ma dopo essere stato nell’acqua bollente, il suo interno si era indurito.
Il caffè, però, era unico: dopo essere stato nell’acqua bollente, aveva cambiato l’acqua stessa.
“Tu quale sei?” chiese alla figlia.
“Quando le avversità si presentano alla tua porta, come rispondi?
Sei una carota che sembra forte, ma poi quando arrivano le avversità e il dolore, diventa debole e perde la sua forza?
Sei un uovo, che all’inizio ha un cuore malleabile e uno spirito fluido, ma dopo una morte, una separazione o un addio, diventa duro e rigido? Fuori sembra lo stesso, ma all’interno come si è trasformato?
Oppure sei come il caffè? Il caffè cambia l’acqua, l’elemento che gli causa dolore. Quando l’acqua arriva al punto di ebollizione, il caffè sprigiona il suo sapore migliore.
Se sei come i chicchi di caffè, quando le cose si mettono male, reagirai al meglio e permetterai che il mondo intorno a te migliori.”[1]
[1] Tratto da “Tutta un’Altra Vita”, L. Giovannini, Ed. Pickwick
E voi, quale di questi tre elementi volete essere?
Che ne dite se a #iorestoacasa aggiungessimo #iosonocaffè ?
Allora, l’idea che ho in mente è quella di prepararci al dopo. Alla ripresa. A quando potremo ripartire, ricordando questo momento difficile e doloroso, come l’acqua bollente che ci ha aiutati a divenire caffè!
A breve, faremo insieme il nostro Progetto di ripresa, la nostra Mappa degli Obiettivi!
Io spero di trovarvi in tanti. La parola d’ordine, ovviamente, è
#iosonocaffè
Arianna Murrone
Psicologa, Psicoterapeuta
Analista Transazionale e Mediatore Familiare
Facilitatore Metodo Tutta un’Altra Vita